I parroci di Santa Rita

Le omelie del Cardinale Michele Pellegrino

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Omelie pronunciate in occasione delle feste di Santa Rita

Perché un “panegirico” in onore dei Santi? E’ la domanda che si pose il Cardinale Michele Pellegrino, Arcivescovo di Torino dal 1965 al 1977, il 22 maggio 1975 durante la festa di Santa Rita, ritornando in sacrestia dopo la celebrazione della messa nel nostro Santuario. Il Cardinale, colpito dalla devozione di tanti fedeli, volle raccogliere le cinque omelie pronunciate sempre in quell’occasione dal 1971 al 1975 in un opuscolo dal titolo “Il Culto dei Santi” – Attualità di Santa Rita da Cascia” (Elledici, 1975). Il perché lo spiega proprio l’Arcivescovo: “Il culto di Santa Rita da Cascia, anche se risente, come tutte le devozioni, il contraccolpo della secolarizzazione, continua ad attirare ed entusiasmare folle di fedeli: anche il nostro Santuario ne è testimone. Con quale spirito - si chiede il Cardinale – i devoti si avvicinano a Santa Rita? La risposta non è facile né identica per tutti. Che alcuni abbiano urgente bisogno di essere aiutati a capire il senso vero del culto dei Santi, purificandolo da facili contaminazioni superstiziose, è abbastanza evidente. È poi altrettanto evidente – prosegue – che il culto dei Santi possa essere un valido alimento della vita cristiana e che in particolare, la figura di Santa Rita presenta degli aspetti singolarmente attuali anche per il cristiano d’oggi. Che cosa hanno fatto i Santi - afferma l’Arcivescovo – se non mettere in pratica la parola, non limitandosi ad esserne ascoltatori smemorati?”.

La nostra storia

Nel 1916, quando infuriava la Prima Guerra Mondiale, don Giovanni Baloire, un giovane prete in grigioverde, venne a contatto con la zona della Barriera di Orbassano, dove poi costruirà il santuario di Santa Rita da Cascia. In quell’anno egli si preparava, presso l’Ospedale Militare di Torino accasermato alla scuola Mazzini, a partire per il Carso come aiutante di Sanità. Durante questo periodo ebbe modo di conoscere la situazione dei dintorni dell’ospedale e la precaria assistenza religiosa degli abitanti delle cascine, delle case operaie e delle case sparse in quel territorio. Nel 1919 venne congedato ed inviato come vice curato nella parrocchia di San Secondo di Torino. In quella chiesa esisteva un altare dedicato alla Santa di Roccaporena e Cascia e in quella comunità la devozione aveva dato vita alla “Compagnia dei Divoti di Santa Rita”. Don Baloire studiò la vita di questa donna umbra dalla santità così accesa ed i segni straordinari che ne accompagnano da secoli la devozione nel mondo.

Nella primavera del 1925 don Baloire, memore dei luoghi dove aveva trascorso la sua preparazione militare, fece un sopralluogo oltre la barriera daziaria di Orbassano e si propose di erigervi una chiesa, dedicandola alla Santa degli Impossibili.
Tra i suoi appunti troviamo la descrizione del territorio a quell’epoca: “... A sud ovest della città di Torino, alla periferia, si estendeva una vastissima zona profonda 5 chilometri e larga quasi altrettanto, dipendente dalle lontane parrocchie della Crocetta e del Lingotto. Un gruppo di case popolari isolate in corso Sebastopoli angolo via Tripoli, la scuola elementare Giuseppe Mazzini, l’Ospedale Militare, alcune caserme e poi la campagna verde sconfinata disseminata di piccole abitazioni, vera terra di missione. Ma era facile prevedere che ultimato l’interramento della ferrovia di Genova e di Francia, lo sviluppo della città sarebbe straripato, avrebbe inondato tale zona di costruzioni. Conoscevo bene il posto, che prima della guerra mi aveva visto in grigioverde nella la Compagnia di Sanità nell’Ospedale Militare. Mi fu facile un buon orientamento ed una scelta conveniente... Accenno a un solo fatto. Nelle due case operaie di corso Sebastopoli, immensi alveari umani, sono 313 famiglie, con 1200 persone: ora quelle case sono lontane dalla parrocchia della Crocetta e dalla parrocchia del Lingotto 2100 metri, quanto dista la stazione di Porta Nuova dalla stazione della Ciriè-Lanzo. Per quanto si moltiplichi lo zelo instancabile di dette parrocchie, è evidente la condizione difficile di tale regione, e la necessità di farvi sorgere una chiesa parrocchiale: Santa Rita stenderà su quella popolazione il suo manto di celeste protezione. ... Migliaia di fanciulli e adulti vivendo in una grande lontananza dalle chiese solo con grande difficoltà e buona volontà possono adempiere i loro doveri cristiani...”.

Con l’appoggio e l’incoraggiamento di mons. Giovanni Battista Pinardi, parroco di San Secondo, il sostegno e il sostanzioso aiuto dei devoti della Compagnia, diede il via ai preparativi per portare a compimento il suo ambizioso progetto. La realizzazione della nuova chiesa è legata al movimento di persone che il giovane teologo seppe far sorgere ed animare. Le zelatrici e le collettrici si adoperarono per sensibilizzare i devoti e raccogliere le offerte, facendole arrivare da ogni dove. Egli tenne informati i devoti della Compagnia di tutte le attività e delle iniziative relative alla costruzione del nuovo santuario attraverso il bollettino “Gli esempi e le grazie di Santa Rita da Cascia”, sui quali appaiono lunghi elenchi di offerenti fin dai primi numeri e gran parte delle notizie relative alla storia del santuario.
 
La fantasia e l’iniziativa per raccogliere fondi si espresse in molti modi: si organizzarono tra l’altro una serata di beneficenza con proiezione sulla vita di Santa Rita voluta dalle donne di Azione Cattolica della Crocetta nel giugno del 1926 e una grandiosa lotteria con il primo premio offerto dal Cardinale Arcivescovo, consistente in una macchina per scrivere Remington, nel 1927. Nel 1928 si tenne un banco di beneficenza, iniziativa che venne ripetuta in seguito per una decina d’anni in occasione della festa patronale. Dal 1930 iniziò l’offerta delle rose ad ogni pellegrino in visita al santuario nel giorno della festa di Santa Rita, tale gesto è ancora vivo ai giorni nostri.

Ottenute le necessarie autorizzazioni, il 17 luglio 1926 mons. Baloire firmò il contratto con il Municipio di Torino per l’acquisto dei primi 5.000 metri quadrati di terreno, pagabili in 5 anni. Quest’area verrà in seguito aumentata fino a diecimila metri quadrati con altri due contratti rispettivamente nel 1928 e nel 1938. Il terreno acquistato era posto all’incrocio di una fitta rete di strade, prospiciente la grande piazza di circa dodicimila metri quadrati già ombreggiata da una doppia fila di platani che il conte Balbo Bertone di Sambuy, podestà di Torino, con delibera del 11 aprile 1928 intitolò a Santa Rita da Cascia.

Trovato il terreno, cercò un architetto che garantisse di dare ad un edificio di mattoni un’anima tale da trasformarlo in un “tempio monumento bello per l’arte e raccolto per la preghiera”. La scelta cadde sull'architetto Giulio Valotti, salesiano, che già aveva progettato opere importanti, fra le quali la chiesa di Gesù Adolescente in Torino ed il santuario del Selvaggio a Giaveno, oltre a numerosi Istituti Salesiani in Italia, nonché l’ampliamento della Basilica di Maria Ausiliatrice e dell’Oratorio Valdocco di Torino.
 
Mons. Baloire fu così in grado di presentare sul bollettino del gennaio 1927 il primo disegno della facciata e la planimetria della futura chiesa (che verranno però leggermente modificati durante la costruzione).
 
L’11 maggio 1928, il Cardinale Giuseppe Gamba firmava il decreto di istituzione della nuova parrocchia e scriveva: “Di gran cuore benediciamo alla provvida iniziativa dell’erezione in Torino, barriera di Orbassano di un Santuario-Parrocchia, dedicato a Santa Rita da Cascia, tanto necessario per l’assistenza religiosa di quelle popolazioni; benediciamo al Promotore, e a tutti i Cooperatori e Benefattori dell’opera.” La parrocchia risultava costituita dal 22 maggio dello stesso anno, giorno della festa titolare, mentre mons. Baloire veniva nominato amministratore parrocchiale. Il riconoscimento agli effetti civili però, avvenne con decreto del Re Vittorio Emanuele III il 29 ottobre 1936, mentre la nomina a parroco di mons. Baloire verrà firmata solo il 3 febbraio 1937 dall’arcivescovo card. Maurilio Fossati.

Il 22 maggio 1928 fu il giorno di inizio della vita ufficiale della nuova comunità parrocchiale che due giorni dopo, il 24 maggio, celebrò i primi due battesimi: Michelino Minnini e Ferdinando Melfi. Il primo matrimonio venne celebrato il 26 maggio tra Terenziano Fiorentini e Lucia Moserle e nel pomeriggio dello stesso giorno il primo funerale per Germana Boccardi, deceduta il giorno precedente. Nel marzo successivo nella Cappella delle Grazie vennero raccolti i primi frutti dell'azione pastorale della nuova parrocchia torinese: centodieci ragazzi ricevettero la loro Prima Comunione dopo aver frequentato regolarmente i corsi di catechismo.
 
L'affluenza dei pellegrini che accorrevano da ogni parte per onorare Santa Rita, metteva in evidenza l’esigua capienza della Cappella. Mons. Baloire per portare a compimento la costruzione del Santuario progettato, instaurò un dialogo con i Devoti di Santa Rita attraverso le pagine del Bollettino, rendendo loro conto delle spese e dell'andamento dei lavori, pubblicando le offerte che pervenivano per sovvenzionare l'edificazione della chiesa.
 
"La casa di Dio, per quanto riguarda la struttura, il decoro e la sua funzionalità, deve stare a cuore a tutti i credenti che in essa rinascono alla vita divina e in essa saranno benedetti per l'ultimo esodo pasquale verso la patria". Questa frase tratta dalla premessa che la Conferenza Episcopale Italiana pone attualmente all'inizio del rito di dedicazione delle chiese, sembra ricalcare il pensiero e lo spirito che spinsero il Fondatore ad iniziare i lavori del Santuario Monumentale.
 
Sul Bollettino dell’aprile 1929 scriveva: “Poche settimane ed i lavori del santuario monumentale di Santa Rita saranno iniziati. Ho anch’io la vostra impazienza di vedere incominciati gli scavi e gettate le fondamenta del Tempio, che dovrà dire a Santa Rita e che ripeterà attraverso i secoli la grande divozione di Torino, del Piemonte, dell’Italia tutta per la Santa degli Impossibili. Ho questa speranza viva nel cuore, che non sia tanto lontano il giorno in cui vedremo il grande santuario ultimato, divoto, bello, maestoso, raccogliente sotto le ampie navate ricche di marmi e rilucenti d’oro, migliaia e migliaia di fedeli”
 
Lo scoppio della seconda guerra mondiale coinvolse anche il santuario di Santa Rita e alcuni lavori vennero rallentati o sospesi. Per economizzare la carta il Bollettino, fedele cronista dei progressi e delle vicende del santuario, ridusse le uscite ed abbandonò la bella copertina, assumendo una veste più dimessa ed adeguandosi alle esigenze del momento.
 
In quel periodo, durante i bombardamenti, i sotterranei della chiesa offrirono rifugio agli abitanti della zona, mentre all’interno del santuario le pareti già abbellite dai marmi, si coprirono di migliaia di fotografie di devoti richiamati alle armi e per i quali ogni giorno si innalzarono particolari preghiere.
 
Gli eventi bellici sfiorarono tragicamente il Santuario: la notte dell’8 dicembre 1942 tre grosse bombe dirompenti caddero fra esso e l’ospedale militare. Venne colpito e distrutto un tratto del muro di cinta sulla via Barletta, danneggiato il teatrino dell’oratorio ed infranti tutti i vetri. Fortunatamente la struttura del santuario e le opere interne non subirono danni. In memoria dello scampato pericolo, verrà inglobato nel ricostruito muro di cinta un pilone votivo dedicato alla Madonna Consolata, protettrice di Torino, che tuttora si trova all'ingresso del primo cortile dell’oratorio.
 
L’11 maggio 1957 il Cardinale Arcivescovo di Torino consacrò solennemente al culto il nuovo Santuario e l’altare maggiore finalmente ultimato. La dedicazione venne preceduta da una vigilia di preghiera durante la quale lo stesso Cardinale Maurilio Fossati recò personalmente le reliquie da collocare nel Sepolcreto dell’altare maggiore. Furono assegnate al Santuario le Reliquie dei santi martiri Chiara e Desiderio, davanti alle quali l’Arcivescovo ed i sacerdoti iniziarono una Veglia di Preghiera, proseguita per tutta la notte da una folla di fedeli.

Il giorno successivo alle 7 del mattino il Cardinale Arcivescovo iniziò la lunga e complessa cerimonia della consacrazione. Accompagnato dai sacerdoti della parrocchia iniziò, come prescritto dal rituale, dall’esterno del Santuario, per poi entrare all’interno dalla porta maggiore. Si intercalarono le varie benedizioni ed unzioni al canto delle litanie dei santi, vennero poste le Reliquie nell’altare maggiore e si terminò con la solenne santa Messa celebrata dall’Arcivescovo.
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